Cattolica Eraclea
Minosse, Dedalo e Cocalo in Sicilia
La Sicilia, la bella isola che spicca nel Mediterraneo, ricca di tesori, arte e tradizioni, possiede dietro di sé una lunga storia fatta non solo di popoli che hanno esplorato e poi conquistato i suoi territori, ma anche una cospicua serie di miti e leggende che affascinano e incantano.
Tra tutte le storie, come non ci si può soffermare su un famoso trittico, guarda caso come le punte del triangolo isolano, che mescola verità e fantasia? Stiamo parlando della storia/leggenda del re sicano Cocalo e degli intrecci con Dedalo e re Minosse, narrata da autori come Diodoro Siculo, Erodoto, Antioco di Siracusa.
Minosse, figlio del dio Zeus e di Europa, era giusto sovrano di Creta. Ospitò secondo la leggenda Dedalo, famoso architetto ateniese, che per gelosia uccise il nipote Talos, inventore della sega, gettandolo giù dall’Acropoli di Atene. Il mito greco narra di come Minosse fece costruire un altare in riva al mare in onore di Poseidone, dio dei mari, e di come lo pregò affinché gli inviasse un toro da potergli immolare ma, una volta esaudito il suo desiderio, il re non sacrificò il magnifico animale bianco e lo nascose nelle sue stalle.
Poseidone adirato, suscitò nella moglie del re un ardente desiderio verso la possente bestia; Minosse disperato chiese aiuto a Dedalo che fece costruire una giovenca di legno dove Pasifae, moglie di Minosse, si accoppiò con la bestia: nacque così il Minotauro, un essere metà uomo e metà animale. Disgustato dall’aspetto della creatura, Minosse ordinò a Dedalo di realizzare un labirinto dove rinchiudere e nascondere il Minotauro.
La leggenda a questo punto si divide: una versione sostiene che una volta costruito il labirinto, l’architetto e il figlio vi furono rinchiusi subito, un’altra versione vuole la loro prigionia dopo l’aiuto che Egli diede ad Arianna. Come tutti i miti infatti quella di Dedalo si intreccia con quella di Teseo e dello sfortunato amore di Arianna. Minosse in lotta con la città di Atene, dopo una poderosa vittoria a seguito dell’assassinio di suo figlio Androgeno, impose un tributo espiatorio e cruento alla città: ogni nove anni, sette fanciulli e sette fanciulle dovevano esser consegnati a Creta per esser dati in pasto al Minotauro.
Qui entra in gioco Teseo, figlio del re ateniese Egeo, che dopo esser riuscito ad uccidere la bestia ed a salvare sé stesso ed i compagni grazie all’aiuto di Arianna, figlia di Minosse, scappò con la principessa. Il racconto narra del famoso filo di Arianna che aiutò Teseo a segnare e ritrovare la strada percorse nel labirinto senza perdersi: in realtà fu proprio il furbo Dedalo a suggerire l’astuzia alla principessa. Scoperto l’inganno Minosse, fece rinchiudere Dedalo e il figlio Icaro nel labirinto per punire il tradimento. Qualunque sia la colpa, il povero Dedalo finì lì dentro, ma come narrano le fonti, l’astuzia vince sulla crudeltà: costruite delle ali con piume di uccelli raccolte lungo i corridoi e tenute insieme da cera, padre e figlio spiccarono il volo abbandonando Creta; il povero Icaro, superbo e arrogante volle avvicinarsi troppo al sole e la cera che teneva unite le ali finì col sciogliersi, decretando la morte del povero ragazzo;
Dedalo invece riuscì a raggiungere le coste della Sicilia e poi la corte di Cocalo, potente re sicano. Secondo il mito, narrato da Diodoro Siculo, Minosse per trovare il fuggitivo ricorse all’astuzia, promise una lauda ricompensa a chiunque avesse risolto un rompicapo: far passare un filo fra le spirali di una conchiglia. Il furbo Dedalo riuscì nell’impresa cospargendo la conchiglia di miele e collegando il filo a una formica che riuscì a passare tra le volute del guscio. Simbolico il richiamo tra la conchiglia/labirinto e il filo con quello di Arianna ma anche l’assonanza tra il nome Cocalo (Kokalos in greco) col termine greco per conchiglia, kochlos o kochlìas.
Minosse sbarcò in Sicilia a Minoa, città che prese il suo nome e giunto dal re sicano pretese la consegna del fuggiasco; Cocalo, dopo aver promesso di assecondare le sue richieste lo invitò a riposare nella sua reggia e a visitare gli splendidi bagni (lavorati dallo stesso Dedalo peraltro). Mentre Minosse se ne serviva, le figlie di Cocalo, violando i sacri codici dell’ospitalità, con un crudele inganno lo uccisero nell’acqua bollente o in altre versioni con della pece calda. (il termine kokaro secondo alcune fonti significa bollitore.)
Sofocle ne scrisse addirittura una tragedia. Dedalo visse a lungo in Sicilia fornendo prova delle sue abilità con poderose costruzioni, fra le quali: un’immensa piscina dove il fiume Alabosi/Alabon (Carabollace) si riversava per poi gettarsi in mare, grotte vaporose a Selinunte per guarire dei mali, imponenti mura a Erice, una possente roccaforte a Camico che divenne sempre secondo la leggenda una delle corti di Cocalo, il giardino della Kolymbetra.
Secondo altre versioni si trasferì in Sardegna, dove costruì i nuraghi, chiamati anche dedalei. Sempre Diodoro narra dell’immenso tesoro che il re cretese portò al suo seguito e della famosa tomba nei pressi di Akragas, l’odierna Agrigento, dove il re fu sepolto. Narra lo storiografo nella sua Bibliotheca Historica: “I compagni della spedizione seppellirono il corpo in una splendida tomba a tholos ed erigono un tempio doppio, quello anteriore dedicato ad Afrodite e quello posteriore dove ripongono le ossa”.
Rimasti in Sicilia dopo che le loro navi furono distrutte dai soldati di Cocalo, i cretesi avrebbero fondato alcune colonie come Engio (Nicosia o Troina) e Minoa dal nome del loro re. Più tardi la sua tomba sarebbe stata trovata da Terone tiranno di Agrigento che fece portare le spoglie a Creta (la famosa tomba a tholos scoperta da Evans).
Alcuni studiosi ritengono che in realtà il nome Minosse designasse un titolo di dinasti, una carica governativa, e non un nome personale: forse proprio un Minosse si trasferì in Sicilia cronologicamente prima della colonizzazione greca e col tempo si sa, verità storica e leggenda si fondono.
L’archeologia ha ormai accertato che la presenza di popoli proveniente dall’Egeo, doveva esistere in Sicilia quando già in Grecia, fioriva la civiltà minoica e di scambi commerciali con le popolazioni indigene o autoctone erano assidue. A riprova del legame e della connessione tra storia e mito, alcune tavolette rinvenute nell’antica città di Pilo ove inciso vi è il nome Cocalo e le numerose tombe scavate nella roccia in stile minoico-miceneo presenti in Sicilia.
Molti si sono chiesti il luogo di questa famosa tomba, studiosi ipotizzano nell’Agrigentino, tra Santa Elisabetta e Raffadali, o Sant’angelo Muxaro, Monte Guastella o addirittura nelle Grotte della Gurfa ad Alia, vicino a Palermo ove incise fra le pareti rocciose troviamo un tridente, (un richiamo forse a Poseidone e al toro bianco?), presso Colle Madore, altro sito sicano presso Lercara Friddi o Eraclea Minoa.
Dedalica impresa invece, perdonate il gioco di parole, è l’identificazione della Reggia di Re Cocalo, molte città si la contendono: Ynicon, l’attuale Menfi, l’antica Camico con Megara Hiblea, o Omphake l’attuale Butera, Joppolo Giancaxio e non in ultimo Sciacca, che con la presenza delle stufe vaporose naturali di Monte San Calogero rievoca la morte di Minosse per mano delle acque bollenti. Proprio ivi esiste “l’antro di Dedalo”, grotte vaporose naturali con sedili scolpite in pietra.
L’infelice saga di Minosse lo vuole infine giudice infernale insieme a Radamanto e Sarpedonte o Eaco: lo testimoniano Omero, Virgilio e Dante. La storia, così radicata nella terra di Trinacria, via via e di bocca in bocca da dato col tempo origine a un racconto conservato tutt’oggi, in terra agrigentina di un certo “Re Mini”, che verrebbe a spaventare i bambini che non ubbidiscono ai genitori: “ Mini Minossi, li carni e l’ossi!”, quasi a ricordare e voler portare per sempre il ricordo di quel crudele sovrano fino alla fine dei tempi.