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Menfi

Torre Federiciana e Castello Svevo

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Il monumento più antico della città di Menfi è ciò che rimane della Torre Federiciana annessa al castello Svevo, costruito nel 1239, su volere di Federico II di Svevia sui resti di un antico fortino arabo. Il terribile terremoto del 1968 ha distrutto il monumento e ad oggi, si può osservare ciò che ne resta dopo la ricostruzione e un importante opera di restauro e ripristino della torre.

Le strategie economiche e politiche perseguite da Federico di Hohenstaufen si possono notare nel volere ripopolare le città da lui fondate o rifondate: è proprio il caso di Menfi, infatti nel 1239 da Lodi dispose la fondazione di un primo nucleo abitativo,  un “ …ut apud Burgimill ad opus nostrum tantum habitatio fieret supra fontem magnum”. É probabile che l’imperatore volesse costruire una Domus Solaciorum, una casa di svago, una residenze di caccia, divertimento o piacere con caratteristiche tali da renderla una fortezza.
Le scelte della dislocazione di tali residenze in vari luoghi nascevano dal tipo di attività che l’imperatore svolgeva in quei territori: antichi casali con annesse masserie, castelli di caccia con parchi annessi: il Sud Italia ne è piano a conferma dell’amore che l’imperatore così come gli avi Normanni avevano per il Mezzogiorno.

Il fortino conosciuto come Castello di Burgimilluso, si trovava nella zona di caccia del basso Belice: fu proprio il sovrano Svevo ad ordinarne la costruzione con lo scopo di ripopolare  il demanio di Burgimilluso dopo la cacciata degli arabi.

Il torrione di avvistamento, la “ Torre di Borghetto”,  alta quasi 19 metri è di forma quadrangolare, composta da due blocchi affiancati di cui uno arretrato rispetto a quello principale, risente ancora dell’architettura araba e da sola basta a rendere idea dell’imponenza del castello al tempo in cui fu costruito. Il nome deriva dall’antica denominazione di Menfi, ovvero Burgio Milluso. 

Alcune fonti documentano di un assedio Angioino della torre e del castello nel 1316.

Sulla fine del XIV secolo, torre e castello passarono nelle mani di Guglielmo Peralta, poi divenne proprietà della famiglia Ventimiglia ed infine dei Tagliavia.
In periodo aragonese, Diego Tagliavia d’Aragona, al posto del diruto castello, fece costruire un palazzo contiguo con la torre, con annessa prigione “baronale”, divenendo successivamente proprietà di Ettore Pignatelli, conte di Borello. 

Alla torre è legato un raccapricciante fatto di cronaca datato 1748: un tale Pietro Calia di diciannove anni e Maria Amoroso di trenta, vennero imprigionati e poi condannati alla forca per l’omicidio della madre della donna che si opponeva al loro illecito amore. Le teste e le mani degli amanti furono appesi sulle mura come monito per i cittadini.

Sito in Piazza Vittorio Emanuele III, il progetto per il restauro della torre è degli anni Ottanta e i lavori sono iniziati a partire dagli anni Novanta.
I lavori proponevano il ripristino della torre inglobando gli antichi ruderi. La nuova struttura si sviluppa verticalmente, a più piani collegati da scale in parte a cielo aperto che connettono il nuovo edificio con la Piazza e il retrostante cortile. Nell’angolo che unisce i due angioni si è creata una scala a chiocciola che conduce al primo piano.
Originariamente la torre, era divisa in tre piani: i primi due caratterizzati da due grandi ambienti sovrastati da volte a crociera, ambienti simili a quelli riscontrati ad Augusta nel Castell Maniace.

Una delle sale presentava la copertura a volta ad ombrello simile a quelle presenti a Castel Ursino e nella Torre di Enna.
Il terrazzamento del secondo piano era rafforzato da beccatelli e dogioni.

La particolarità dell’edificio, ha fatto pensare che la struttura originaria era parte di un organismo ben più complesso, una sorta di “donjons jumeaux” tanto comuni in territorio francese; ipotesi che spiegherebbe perché nella vecchia struttura non vi fosse una’ entrata esterna alla torre, ma probabilmente l’accesso avveniva per mezzo del castello nobiliare.
Attualmente alla struttura che è fruibile vi si accede da un ampio portale da cui è possibile osservare una piccolissima parte della struttura originaria,  la facciata è realizzata in tufo, la pietra locale.
Il nuovo edificio sito in Piazza Vittorio Emanuele III è destinato ad uffici comunali, sale di rappresentanza e mostre.

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